2014 08 26 – Sistema Italia. La trilogia PIL Occupazione Investimenti.
1° = PIL
Honi soit
qui mal y pense
Me lo ripeteva
sempre mia madre.
Evidentemente
l’innesto ideativo ha funzionato.
Letteralmente
vuol dire “sia svergognato colui che pensa male”, o qualcosa del genere.
Ma è
anche un motto per così dire “settario” che proprio per questo non mi piace.
Ma il
punto è che si deve fare qualsiasi cosa possibile per evolvere l’attuale status
quo.
In primo
luogo diffondere la conoscenza, anche svergognando chi cerca di fare il
contrario.
Nello
specifico, mi sono davvero stufato di sentire proclami incompetenti su quello
che deve fare l’Italia.
Chiusa
per ora la prima parte dei conti dello Stato, passiamo quindi a qualche breve
considerazione sul sistema paese.
Vedrete
che per capire cosa succede e raffrontarlo con quello che raccontano, non ci
vuole ne un genio ne sofisticati modelli matematico-econometrici.
Bastano
le solite poche tabelle. Che per altro bisogna assemblare.
La strumentale propaganda mediatica e l’orizzonte temporale
del piano strategico
E’
davvero molto semplice.
Facciamo
un piccolo ripasso di matematica di base. Con la “scala” sotto riportata che
è utile tenere visivamente a mente
proprio per fare i conti velocemente. Per prendere confidenza con gli ordini di
grandezza.
100,0%
PIL = 1.500,0
10,0
% PIL = 150,0
1,0%
PIL = 15,0
0,1%
PIL = 1,5
L’ultima
riga indica quanto pesa uno 0,1% del Pil. 1,5 miliardi di euro. E questo dato è
su base annua.
Il che
vuol dire 0,125 miliardi su base mensile (1,5/12)
Che
moltiplicato per 3 mesi (un trimestre = 3 mesi)
= 0,375 miliardi di euro su 1.500,000.
Se così
non fosse ancora lampante, facciamo il confronto in colonna che fa vedere bene
gli ordini di grandezza.
Come alle
primarie. Le scuole, non le elezioni.
375.000.000
1.500.000.000.000
Ha
ragione chi dice che tra + 0,2 % e -0,2% non cambia nulla. E’ un aggiustamento,
un arrotondamento, un imprevisto, anche se di 750 milioni.
Questo se
si ha bene in mente che si deve riorganizzare strutturalmente l’Italia.
E’
davvero un turn-around, una ristrutturazione strategica profonda,
l’unica speranza che abbiamo.
Per
questo continuo a parlare di piano strategico, composto da tante parti
che singolarmente non risolvono nulla.
Non è un
problema di revisione di spesa. Questa è solo uno dei tasselli.
Ma si deve
ricordare, e soprattutto spiegare, che per fare questo e ottenere risultati ci
vogliono anni. 1.000 giorni, ad esempio.
Certo 375
o 750 milioni sono tanti soldi, ma chi butta benzina sul fuoco dovrebbe essere
svergognato pubblicamente, appunto.
Perchè
dirò di più. Chi lo fa, lo fa con
manipolatoria psicologia da alimentazione di frustrazione, invidia. Vuole che
pensiamo qualcosa del tipo “se li saranno rubati” o “ne voglio una fetta anche
io”.
Davvero
una logica da eminenza grigia di massa obsoleta, direi infantile.
Un divide
et impera in via di estinzione.
Psicologia di massa: la manipolazione elettorale.
Se volete
sapere cosa fanno e perché lo fanno, farò un esempio.
Reddito
minimo
Premetto
che secondo me questa è una iniziativa che può avere senso ma andrebbe comunque
legata ad una attività reale.
Una delle
funzioni di utilità comune del lavoro come lo conosciamo oggi, è anche quella
di aggregare e creare unitarietà sociale. Non per nulla in azienda si parla
spesso di “fare squadra”.
Per
evitare che il reddito minimo diventi una disgregante forma di elemosina si
dovrebbe legarla almeno ad attività di volontariato di qualsiasi tipo. Non
dovrebbe essere a fondo perduto. Credo che ci siano già dei casi o ragionamenti
in tal senso
In ogni
caso ho sentito qualche giorno fa un dibattito in televisione sul tema.
3
partiti, 3 proposte.
Una da
500 euro al mese e due da 600, mi pare.
Con
alcune sfumature.
Del tutto
irrilevanti per chi di quei 500/600 euro ha bisogno davvero.
Le 3
proposte costano 6,8, 7, 7,2 miliardi.
Sintetizzando
: sono identiche.
Eppure
non si mettono d’accordo.
E sapete
perche?
Perché
aspettano di giocarsele per la manipolazione da campagna elettorale.
Ebbene:
sempre ricchioni con il culo degli altri.
Politica industriale e politica sistemica.
Tanti ne
parlano.
Il problema
è rilanciare l’industria, dicono.
Lo dirò
in termini più chiari possibili.
Chiunque
dica che la chiave è la politica industriale non ha capito niente. E’ davvero
un uomo del ‘900.
Gli
italiani farebbero meglio a licenziarlo istantaneamente.
Ma ho il
sospetto che non sia un caso.
Ho il
sospetto che tanta enfasi sulla politica industriale sia perché nell’industria
ci lavorano gli operai.
Quelli
che votano e partecipano.
Quelli
che si vedono per strada a protestare.
Quelli
che ancora ci credono. Probabilmente perché ne hanno bisogno.
Sono
veri, sapete. Anche se li vedete in televisione non sono un prodotto di
animazione cinematografica.
Non sono
una fiction.
E sarebbe
onesto non prenderli in giro.
L’industria
come qualcuno ancora la vede oggi ha davvero poco futuro. Come amo ripetere, o
si investe e si fa innovazione, oppure ha davvero le gambe corte.
E tutto
ciò senza tenere conto di dove va il mondo.
Se si punta
solo sull’industria siamo già morti.
Ci vuole
una politica sistemica sistematica, non industriale.
Ma
questo, gli operai lo sanno bene.
Macroeconomia classica e Microeconomia
Adattiva Complessa
La vera
chiave per me è sempre la stessa: tanti interventi mirati relativamente piccoli,
in tutte le branche sistemiche.
Tra queste
certamente si deve anche cercare di rilanciare l’industria, ma tenendo presente
che “industria” è un termine generalista che racchiude una moltitudine di
realtà e settori con le loro specificità.
E che
comunque è oramai marginale sul totale della nostra economia (nel 2011 pesava
per il 25% sul PIL).
Adesso cerco
di dimostrarlo.
Già partire
dall’idea che esistano i tre macrogruppi settoriali tradizionali e’ sbagliato.
Agricoltura, Industria e Servizi sono raggruppamenti che non hanno più nessun senso.
Esistono
più di 60 Branche di Attività (NACE Rev.2), che compongono il nostro PIL.
E basta
scorrere la tabella seguente per rendersi conto delle specificità. Ognuna è un
microcosmo con le sue esigenze.
Una ha
bisogno di risorse finanziarie, una ha bisogno di risparmio (ad esempio la
finanza), una è in eccesso di occupazione (ad esempio il pubblico), una ha
bisogno di ricerca (ad esempio parte dell’industria), una di investimenti
tecnici per fare efficienza (ad esempio il manifatturiero), una di maggior
esportazioni, una di maggiori reti di vendita (ad esempio il turismo), una di
più lavoratori (ad esempio l’agricoltura) e così via.
Forse non
è ancora chiaro, ma io non credo molto nella macroeconomia come la intendiamo
oggi.
Quella
dei macroaggregati classici : consumi, investimenti, risparmi, tassi di
interesse, cambi, imposte.
Aveva un
senso nel ‘900 appunto. E questo per un motivo banale: il mondo era molto più
semplice. Due modelli alternativi, pochi prodotti, bisogni standardizzati e
meno stratificati, persone più semplici e altro.
Oggi mi
piace piuttosto pensare a una sommatoria di tanti sistemi microeconomici. E non
credo di sbagliare.
La
chiamai già tempo fa Microeconomia Adattiva Complessa. E quello che provai a
costruire era un prototipo. Un pilota.
Replicabile
n volte, in modo da costituire un elemento di base per un evoluzione del sistema
che fosse frattale. (Un frattale è un
oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo
stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si
ottiene una figura simile all'originale - http://it.wikipedia.org/wiki/Frattale.
Consiglio : guardare le figure )
Snapshot sul sistema Italia
Tornando
alla tabella, cerchiamo di iniziare a capire come è fatto il nostro PIL. Che
vuol dire il nostro sistema Italia.
La parte
superiore riporta dei raggruppamenti delle oltre 60 branche in base a dei
criteri “personali”. Sono 16.
Tra
questi, ad esempio, classifico come industria pesante le seguenti 10 branche.
La farmaceutica ad esempio, non è pesante, ma come dicevo i raggruppamenti
lasciano il tempo che trovano.
Attività metallurgiche
|
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto
|
Fabbricazione di altri prodotti della
lavorazione di minerali non metalliferi
|
Fabbricazione di articoli in gomma e
materie plastiche
|
Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi
|
Fabbricazione di prodotti in metallo,
esclusi macchinari e attrezzature
|
Industria estrattiva
|
Fabbricazione di prodotti farmaceutici di
base e di preparati farmaceutici
|
Fabbricazione di coke e prodotti derivanti
dalla raffinazione del petrolio
|
Fabbricazione di prodotti chimici
|
Non
riporto i dati di tendenza dei 12 anni analizzati, fondamentalmente perché non
ci interessa, nella situazione ad oggi. Sono riassunti nel piccolo grafico. I
dati si fermano al 2011, ultimo anno completo nei dati Istat.
Riporto e
osservo invece quanto segue.
Colonna A :
PIL nominale anno 2000
Colonna B :
PIL nominale Anno 2011
Colonna C :
Peso percentuale sul totale PIL nel 2011. È in questa colonna che dopo il
totale sono sommati i settori industriali, in rosso. Pesano per il 24,9 % .
Colonna D : Incremento
percentuale sui 12 anni.
Colonna E : Incremento
percentuale medio anno. Questo è un dato interessante. Nonostante il crollo
2008/2009 (Da 1.417.500 a 1.368.574 euro di PIL, sui 12
anni), il sistema è cresciuto in media del l’2,7 % a valori nominali.
Colonna F : Produzione
lorda, al lordo dei consumi intermedi (vedere corsivo seguente)
Colonna G : PIL
o Valore aggiunto
Colonna H : PIL/Produzione.
E’ un indicatore interessante di marginalità, o di redditività, in primis del
lavoro perché più alta è più indica processi a bassa incidenza di consumi
intermedi.
Nella contabilità nazionale e in economia aziendale i consumi intermedi sono il valore dei
beni e servizi consumati o trasformati dai produttori durante il processo
produttivo.
Si considerano i soli beni che entrano una volta soltanto
nel processo produttivo (come le materie prime e i semilavorati), per essere
consumati (si pensi all'energia elettrica), o trasformati (si pensi alla farina
trasformata in pane); sono, invece, esclusi dalla definizione i beni capitali -
il cui consumo è rappresentato dall'ammortamento - intendendosi per beni
capitali quelli che entrano più volte nel processo di produzione (come gli
impianti e gli edifici).
I consumi intermedi possono essere calcolati per una singola
impresa o, come aggregato, per un intero settore o per l'intero sistema
economico. Sottraendo i consumi intermedi dal valore della produzione si
ottiene il valore aggiunto o, a livello di sistema economico, il prodotto
interno lordo (PIL).
La crescita non è un dogma e i consumi sono una partita di
giro.
Riprendendo
quanto detto, il fatto che siamo cresciuti in media del 2,7% nonostante le
varie crisi, nonostante un generale immobilismo politico,
nonostante l’assenza di investimenti, ha del miracoloso.
L’Italia
regge.
Non
bisogna farsi fuorviare da chi dice che il dato non tiene conto
dell’inflazione. E’ vero, ma più o meno l’inflazione bilancia la crescita
nominale.
E
comunque i comparti che abbassano la media al 2,7% sono proprio quelli
industriali, che segnano + 1,5%.
Il vero
punto che nessuno osa menzionare è che crescere non è mica obbligatoriamente
scontato.
Quello
che è successo tra 2008 e 2009 poteva essere molto peggio.
E poteva
andare molto peggio in generale.
E anche
per il futuro vale lo stesso discorso.
Secondo
me il fatto di avere ancora 1,5 miliardi di PIL, invece di 1,1 del 2000, è segno di forza e resistenza del
sistema.
Ma
bisogna anche prevedere la necessità di governare un trend di decrescita dei
comparti come sono fatti oggi.
Ho già
detto che tanta enfasi sul rilancio di consumi per me è fuorviante.
Abbassare
le tasse per stimolare i consumi, a parte che probabilmente non funzionerà (ho
già parlato di evanescenza del “fiscal miracle”), per me è solo una partita di
giro.
Un
travaso da un macroaggreagato a un altro che non produce e non distrugge
ricchezza, ma semplicemente la
trasferisce.
Purtroppo,
molto verosimilmente, a chi è già ricco che come noto tenderà ad appropriarsi
del plusvalore.
Una notazione particolare sulla ricerca
E’
vergognoso.
Non mi
interessa nulla il confronto con altri paesi. E consiglio a tutti di non farlo.
Tanto staranno quasi tutti meglio di noi.
Ma 7,5
miliardi sono lo 0,5% sul PIL.
Per fare
riflettere faccio un riferimento ad una dimensione familiare.
In una
giornata ci sono 24 ore. 1.440 minuti.
0,5% vorrebbe
dire che si passano solo 7 minuti al giorno a pensare a come arrabattarsi per
il futuro.
Mi chiedo
chi si riconosca in questo dato.
Certo si
obietterà che la ricerca è delegata alle imprese.
Ma quella
diventa fonte di reddito e non patrimonio collettivo.
Kit di idee di primo soccorso
Queste
che seguono sono idee già circostanziate ed espresse (home page blog) ,
che secondo me, possono aiutare in pochissimo tempo ad avviare il turn-around,
in alcuni casi aiutando milioni di persone.
- Migranti in campagna. (Ho sentito di un progetto per fare ortaggi in Basilicata, mai partito perché sono spariti i soldi per l’irrigazione. E’ la direzione giusta, ma con tanti migranti).
- Tweet law : confisca immediata
- Taglie su evasori
- Legalizzazione e tassazione del sommerso. Prostituzione e droghe leggere, per cominciare
- Patrimoniale off-shore e progressiva in-shore
- Convenzioni statali per il turismo
- Sell centers con disoccupati per turismo e made in Italy
Conservarsele
per la campagna elettorale non va bene.
Rilasciarli
gradualmente per utilità personale, non è cosa buona e giusta.
Aggiungo oggi il microcredito
Volevo
metterlo nel capitoletto “investimenti” del piano strategico o di questa
trilogia in fieri.
Invece lo
inserisco qui proprio come intervento di primo soccorso facilmente attuabile e
non caro finanziariamente.
E proprio
per non “conservarmi” l’idea.
Se alloco
un miliardo su strutture già esistenti perché facciano microcredito o
microequity, e se assumo prestiti o finanziamenti di taglio piccolo, ad esempio
1.000 euro, in tutta Italia si fa un
salto di scala enorme.
Fate il
conto: a 1.000 euro a persona, ne aiutereste 1 milione.
In più
non sono finanziamenti a fondo perduto, perché chi riceve il prestito poi rimborsa, così si rifinanzia qualcun altro.
E’ una
misura, un pagamento, strutturale.
Le
strutture locali operative esistono già : sono i MAG. Il che vuol dire che è
tutto già pronto.
Ed è importante
perché il presupposto per cui funziona il microcredito è proprio essere
radicati nel territorio.
Mi
ricorda un po’ le parrocchie, che tra l’altro a volte il microcredito lo fanno
già (almeno quella di mia figlia).
E si
risolvono davvero un sacco di problemi quotidiani. Qualche esempio: http://www.magverona.it/sportello-di-microcredito/casi-di-microcredito-finanziati
.
I
commenti sono sempre commoventi.
Per concludere
Tempo fa
avevo scritto che alcune cose, in particolare musiche e film passati, erano per
me come delle specie di cyber briciole di pollicino.
Un po’
come dei sassolini lasciati indietro per ritrovare la mia strada. Il che voleva
dire ricostruire, o riattivare, la mia memoria.
Quando
oggi mi è venuta in mente la Microeconomia adattiva complessa e il microcredito
o microequity, che sono cose che ho fatto personalmente in passato investendo
soldi e lavoro, ho capito che dalle cyber briciole, utili a cercare l’inizio
della strada, siamo passati alla fase filo di Arianna.
La strada
adesso l’ho imboccata, si tratta di seguire il filo.
Ma c’è
anche un altro modo di vedere la cosa.
Sempre di
un filo si tratta, ma invece di essere quello che mi porterà a casa può anche
essere che a casa io ci sia già e che adesso stia recuperando il mio filo da
pesca, per pescare tutto quello che ho fatto, visto, imparato e metterlo al
servizio del bene comune.
In modo
da cercare di non essere mai svergognato pubblicamente.
Finchè un
giorno tutti sapranno che vale più l’energia positiva di quella negativa e
allora il motto diventerà :
Holy soit
qui bien y pense
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