sabato 9 agosto 2014

2014 08 26 – Sistema Italia. La trilogia PIL Occupazione Investimenti. 1° = PIL



2014 08 26 – Sistema Italia. La trilogia PIL Occupazione Investimenti. 1° = PIL

Honi soit qui mal y pense
Me lo ripeteva sempre mia madre.
Evidentemente l’innesto ideativo ha funzionato.
Letteralmente vuol dire “sia svergognato colui che pensa male”, o qualcosa del genere.
Ma è anche un motto per così dire “settario” che proprio per questo non mi piace.
Ma il punto è che si deve fare qualsiasi cosa possibile per evolvere l’attuale status quo.
In primo luogo diffondere la conoscenza, anche svergognando chi cerca di fare il contrario.
Nello specifico, mi sono davvero stufato di sentire proclami incompetenti su quello che deve fare l’Italia.
Chiusa per ora la prima parte dei conti dello Stato, passiamo quindi a qualche breve considerazione sul sistema paese.
Vedrete che per capire cosa succede e raffrontarlo con quello che raccontano, non ci vuole ne un genio ne sofisticati modelli matematico-econometrici.
Bastano le solite poche tabelle. Che per altro bisogna assemblare.

La strumentale propaganda mediatica e l’orizzonte temporale del piano strategico
E’ davvero molto semplice.
Facciamo un piccolo ripasso di matematica di base. Con la “scala” sotto riportata che è  utile tenere visivamente a mente proprio per fare i conti velocemente. Per prendere confidenza con gli ordini di grandezza.
                     100,0% PIL                 =                1.500,0
                      10,0 % PIL                 =                   150,0
                         1,0% PIL                =                     15,0
                         0,1% PIL                 =                       1,5
L’ultima riga indica quanto pesa uno 0,1% del Pil. 1,5 miliardi di euro. E questo dato è su base annua.
Il che vuol dire 0,125 miliardi su base mensile (1,5/12)
Che moltiplicato per 3 mesi (un trimestre = 3 mesi)  = 0,375 miliardi di euro su 1.500,000.
Se così non fosse ancora lampante, facciamo il confronto in colonna che fa vedere bene gli ordini di grandezza.
Come alle primarie. Le scuole, non le elezioni.
                                                     375.000.000
                                           1.500.000.000.000
Ha ragione chi dice che tra + 0,2 % e -0,2% non cambia nulla. E’ un aggiustamento, un arrotondamento, un imprevisto, anche se di 750 milioni.
Questo se si ha bene in mente che si deve riorganizzare strutturalmente l’Italia.
E’ davvero un turn-around, una ristrutturazione strategica profonda, l’unica speranza che abbiamo.
Per questo continuo a parlare di piano strategico, composto da tante parti che singolarmente non risolvono nulla.
Non è un problema di revisione di spesa. Questa è solo uno dei tasselli.
Ma si deve ricordare, e soprattutto spiegare, che per fare questo e ottenere risultati ci vogliono anni. 1.000 giorni, ad esempio.
Certo 375 o 750 milioni sono tanti soldi, ma chi butta benzina sul fuoco dovrebbe essere svergognato pubblicamente, appunto.
Perchè dirò di più. Chi lo fa, lo fa  con manipolatoria psicologia da alimentazione di frustrazione, invidia. Vuole che pensiamo qualcosa del tipo “se li saranno rubati” o “ne voglio una fetta anche io”.
Davvero una logica da eminenza grigia di massa obsoleta, direi infantile.
Un divide et impera in via di estinzione.

Psicologia di massa: la manipolazione elettorale.  
Se volete sapere cosa fanno e perché lo fanno, farò un esempio.
Reddito minimo
Premetto che secondo me questa è una iniziativa che può avere senso ma andrebbe comunque legata ad una attività reale.
Una delle funzioni di utilità comune del lavoro come lo conosciamo oggi, è anche quella di aggregare e creare unitarietà sociale. Non per nulla in azienda si parla spesso di “fare squadra”.
Per evitare che il reddito minimo diventi una disgregante forma di elemosina si dovrebbe legarla almeno ad attività di volontariato di qualsiasi tipo. Non dovrebbe essere a fondo perduto. Credo che ci siano già dei casi o ragionamenti in tal senso
In ogni caso ho sentito qualche giorno fa un dibattito in televisione sul tema.
3 partiti, 3 proposte.
Una da 500 euro al mese e due da 600, mi pare.
Con alcune sfumature.
Del tutto irrilevanti per chi di quei 500/600 euro ha bisogno davvero.
Le 3 proposte costano 6,8, 7, 7,2 miliardi.
Sintetizzando : sono identiche.
Eppure non si mettono d’accordo.
E sapete perche?
Perché aspettano di giocarsele per la manipolazione da campagna elettorale.
Ebbene: sempre ricchioni con il culo degli altri.

Politica industriale e politica sistemica.
Tanti ne parlano.
Il problema è rilanciare l’industria, dicono.
Lo dirò in termini più chiari possibili.
Chiunque dica che la chiave è la politica industriale non ha capito niente. E’ davvero un uomo del ‘900.
Gli italiani farebbero meglio a licenziarlo istantaneamente.
Ma ho il sospetto che non sia un caso.
Ho il sospetto che tanta enfasi sulla politica industriale sia perché nell’industria ci lavorano gli operai.
Quelli che votano e partecipano.
Quelli che si vedono per strada a protestare.
Quelli che ancora ci credono. Probabilmente perché ne hanno bisogno.
Sono veri, sapete.  Anche se li vedete  in televisione non sono un prodotto di animazione cinematografica.
Non sono una fiction.
E sarebbe onesto non prenderli in giro.
L’industria come qualcuno ancora la vede oggi ha davvero poco futuro. Come amo ripetere, o si investe e si fa innovazione, oppure ha davvero le gambe corte.
E tutto ciò senza tenere conto di dove va il mondo.
Se si punta solo sull’industria siamo già morti.
Ci vuole una politica sistemica sistematica, non industriale.
Ma questo, gli operai lo sanno bene.

Macroeconomia classica e Microeconomia Adattiva Complessa
La vera chiave per me è sempre la stessa: tanti interventi mirati relativamente piccoli, in tutte le branche sistemiche.
Tra queste certamente si deve anche cercare di rilanciare l’industria, ma tenendo presente che “industria” è un termine generalista che racchiude una moltitudine di realtà e settori con le loro specificità.
E che comunque è oramai marginale sul totale della nostra economia (nel 2011 pesava per il 25% sul PIL).

Adesso cerco di dimostrarlo.
Già partire dall’idea che esistano i tre macrogruppi settoriali tradizionali e’ sbagliato. Agricoltura, Industria e Servizi sono raggruppamenti che non hanno più nessun senso.
Esistono più di 60 Branche di Attività (NACE Rev.2), che compongono il nostro PIL.
E basta scorrere la tabella seguente per rendersi conto delle specificità. Ognuna è un microcosmo con le sue esigenze.
Una ha bisogno di risorse finanziarie, una ha bisogno di risparmio (ad esempio la finanza), una è in eccesso di occupazione (ad esempio il pubblico), una ha bisogno di ricerca (ad esempio parte dell’industria), una di investimenti tecnici per fare efficienza (ad esempio il manifatturiero), una di maggior esportazioni, una di maggiori reti di vendita (ad esempio il turismo), una di più lavoratori (ad esempio l’agricoltura) e così via.
Forse non è ancora chiaro, ma io non credo molto nella macroeconomia come la intendiamo oggi.
Quella dei macroaggregati classici : consumi, investimenti, risparmi, tassi di interesse, cambi, imposte.
Aveva un senso nel ‘900 appunto. E questo per un motivo banale: il mondo era molto più semplice. Due modelli alternativi, pochi prodotti, bisogni standardizzati e meno stratificati, persone più semplici e altro.
Oggi mi piace piuttosto pensare a una sommatoria di tanti sistemi microeconomici. E non credo di sbagliare.
La chiamai già tempo fa Microeconomia Adattiva Complessa. E quello che provai a costruire era un prototipo. Un pilota.
Replicabile n volte, in modo da costituire un elemento di base per un evoluzione del sistema che fosse frattale. (Un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all'originale - http://it.wikipedia.org/wiki/Frattale. Consiglio : guardare le figure )

Snapshot sul sistema Italia
Tornando alla tabella, cerchiamo di iniziare a capire come è fatto il nostro PIL. Che vuol dire il nostro sistema Italia.
La parte superiore riporta dei raggruppamenti delle oltre 60 branche in base a dei criteri “personali”. Sono 16.
Tra questi, ad esempio, classifico come industria pesante le seguenti 10 branche. La farmaceutica ad esempio, non è pesante, ma come dicevo i raggruppamenti lasciano il tempo che trovano.
Attività metallurgiche
Fabbricazione di altri mezzi di trasporto
Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche
Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
Fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature
Industria estrattiva
Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici
Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio
Fabbricazione di prodotti chimici

Non riporto i dati di tendenza dei 12 anni analizzati, fondamentalmente perché non ci interessa, nella situazione ad oggi. Sono riassunti nel piccolo grafico. I dati si fermano al 2011, ultimo anno completo nei dati Istat.
Riporto e osservo invece quanto segue.
Colonna A      :      PIL nominale anno 2000
Colonna B       :      PIL nominale Anno 2011
Colonna C       :      Peso percentuale sul totale PIL nel 2011. È in questa colonna che dopo il totale sono sommati i settori industriali, in rosso. Pesano per il 24,9 % .
Colonna D      :      Incremento percentuale sui 12 anni.
Colonna E       :      Incremento percentuale medio anno. Questo è un dato interessante. Nonostante il crollo 2008/2009  (Da  1.417.500 a 1.368.574 euro di PIL, sui 12 anni),  il sistema è cresciuto in media del l’2,7 % a valori nominali.
Colonna F       :      Produzione lorda, al lordo dei consumi intermedi (vedere corsivo seguente)
Colonna G      :      PIL o Valore aggiunto
Colonna H      :      PIL/Produzione. E’ un indicatore interessante di marginalità, o di redditività, in primis del lavoro perché più alta è più indica processi a bassa incidenza di consumi intermedi.
Nella contabilità nazionale e in economia aziendale i consumi intermedi sono il valore dei beni e servizi consumati o trasformati dai produttori durante il processo produttivo.
Si considerano i soli beni che entrano una volta soltanto nel processo produttivo (come le materie prime e i semilavorati), per essere consumati (si pensi all'energia elettrica), o trasformati (si pensi alla farina trasformata in pane); sono, invece, esclusi dalla definizione i beni capitali - il cui consumo è rappresentato dall'ammortamento - intendendosi per beni capitali quelli che entrano più volte nel processo di produzione (come gli impianti e gli edifici).
I consumi intermedi possono essere calcolati per una singola impresa o, come aggregato, per un intero settore o per l'intero sistema economico. Sottraendo i consumi intermedi dal valore della produzione si ottiene il valore aggiunto o, a livello di sistema economico, il prodotto interno lordo (PIL).

La crescita non è un dogma e i consumi sono una partita di giro.
Riprendendo quanto detto, il fatto che siamo cresciuti in media del 2,7% nonostante le varie  crisi,  nonostante un generale immobilismo politico, nonostante l’assenza di investimenti, ha del miracoloso.
L’Italia regge.
Non bisogna farsi fuorviare da chi dice che il dato non tiene conto dell’inflazione. E’ vero, ma più o meno l’inflazione bilancia la crescita nominale.
E comunque i comparti che abbassano la media al 2,7% sono proprio quelli industriali, che segnano + 1,5%.
Il vero punto che nessuno osa menzionare è che crescere non è mica obbligatoriamente scontato.
Quello che è successo tra 2008 e 2009 poteva essere molto peggio.
E poteva andare molto peggio in generale.
E anche per il futuro vale lo stesso discorso.
Secondo me il fatto di avere ancora 1,5 miliardi di PIL, invece di 1,1  del 2000, è segno di forza e resistenza del sistema.
Ma bisogna anche prevedere la necessità di governare un trend di decrescita dei comparti come sono fatti oggi.
Ho già detto che tanta enfasi sul rilancio di consumi per me è fuorviante.
Abbassare le tasse per stimolare i consumi, a parte che probabilmente non funzionerà (ho già parlato di evanescenza del “fiscal miracle”), per me è solo una partita di giro.
Un travaso da un macroaggreagato a un altro che non produce e non distrugge ricchezza,  ma semplicemente la trasferisce.
Purtroppo, molto verosimilmente, a chi è già ricco che come noto tenderà ad appropriarsi del plusvalore.

Una notazione particolare sulla ricerca
E’ vergognoso.
Non mi interessa nulla il confronto con altri paesi. E consiglio a tutti di non farlo. Tanto staranno quasi tutti meglio di noi.
Ma 7,5 miliardi sono lo 0,5% sul PIL.
Per fare riflettere faccio un riferimento ad una dimensione familiare.
In una giornata ci sono 24 ore. 1.440 minuti.
0,5% vorrebbe dire che si passano solo 7 minuti al giorno a pensare a come arrabattarsi per il futuro.
Mi chiedo chi si riconosca in questo dato.
Certo si obietterà che la ricerca è delegata alle imprese.
Ma quella diventa fonte di reddito e non patrimonio collettivo.

Kit di idee di primo soccorso
Queste che seguono sono idee già circostanziate ed espresse (home page blog) , che secondo me, possono aiutare in pochissimo tempo ad avviare il turn-around, in alcuni casi aiutando milioni di persone.
  1. Migranti in campagna. (Ho sentito di un progetto per fare ortaggi in Basilicata, mai partito perché sono spariti i soldi per l’irrigazione. E’ la direzione giusta, ma con tanti migranti).
  2. Tweet law : confisca immediata
  3. Taglie su evasori
  4. Legalizzazione e tassazione del sommerso. Prostituzione e droghe leggere, per cominciare
  5. Patrimoniale off-shore e progressiva in-shore
  6. Convenzioni statali per il turismo
  7. Sell centers con disoccupati per turismo e made in Italy
Conservarsele per la campagna elettorale non va bene.
Rilasciarli gradualmente per utilità personale, non è cosa buona e giusta.

Aggiungo oggi il microcredito
Volevo metterlo nel capitoletto “investimenti” del piano strategico o di questa trilogia in fieri.
Invece lo inserisco qui proprio come intervento di primo soccorso facilmente attuabile e non caro finanziariamente.
E proprio per non “conservarmi” l’idea.
Se alloco un miliardo su strutture già esistenti perché facciano microcredito o microequity, e se assumo prestiti o finanziamenti di taglio piccolo, ad esempio 1.000 euro,  in tutta Italia si fa un salto di scala enorme.
Fate il conto: a 1.000 euro a persona, ne aiutereste 1 milione.
In più non sono finanziamenti a fondo perduto, perché chi riceve il prestito poi  rimborsa, così si rifinanzia qualcun altro.
E’ una misura, un pagamento, strutturale.
Le strutture locali operative esistono già : sono i MAG. Il che vuol dire che è tutto già pronto.
Ed è importante perché il presupposto per cui funziona il microcredito è proprio essere radicati nel territorio.
Mi ricorda un po’ le parrocchie, che tra l’altro a volte il microcredito lo fanno già (almeno quella di mia figlia).
E si risolvono davvero un sacco di problemi quotidiani. Qualche esempio: http://www.magverona.it/sportello-di-microcredito/casi-di-microcredito-finanziati .
I commenti sono sempre commoventi.

Per concludere
Tempo fa avevo scritto che alcune cose, in particolare musiche e film passati, erano per me come delle specie di cyber briciole di pollicino.
Un po’ come dei sassolini lasciati indietro per ritrovare la mia strada. Il che voleva dire ricostruire, o riattivare, la mia memoria.
Quando oggi mi è venuta in mente la Microeconomia adattiva complessa e il microcredito o microequity, che sono cose che ho fatto personalmente in passato investendo soldi e lavoro, ho capito che dalle cyber briciole, utili a cercare l’inizio della strada, siamo passati alla fase filo di Arianna.
La strada adesso l’ho imboccata, si tratta di seguire il filo.
Ma c’è anche un altro modo di vedere la cosa.
Sempre di un filo si tratta, ma invece di essere quello che mi porterà a casa può anche essere che a casa io ci sia già e che adesso stia recuperando il mio filo da pesca, per pescare tutto quello che ho fatto, visto, imparato e metterlo al servizio del bene comune.
In modo da cercare di non essere mai svergognato pubblicamente.
Finchè un giorno tutti sapranno che vale più l’energia positiva di quella negativa e allora il motto diventerà :

Holy soit qui bien y pense





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